Ricorso ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici e'  legalmente  domiciliato
in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro  la  Regione  Lombardia,  in  persona   del   suo   legale
rappresentante pro tempore, per la  declaratoria  dell'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3, commi 1 e 3  della  legge  della  Regione
Lombardia n.  19  del  17  luglio  2017,  pubblicata  nel  Bollettino
Ufficiale della Regione Lombardia n. 29 del 21 luglio  2017,  n.  29,
recante «Gestione faunistico-venatoria del cinghiale e recupero degli
ungulati feriti» come da delibera del Consiglio dei Ministri in  data
15 settembre 2017. 
Premessa. 
    In data 21  luglio  2017,  e'  stata  pubblicata  nel  Bollettino
Ufficiale della Regione Lombardia n. 29/2017 la legge regionale n. 19
del  17  luglio  2017,  recante  «Gestione  faunistico-venatoria  del
cinghiale e recupero degli ungulati feriti». 
    Il provvedimento in esame, all'art. 3, commi 1 e 3,  si  pone  in
contrasto con norme  poste  dallo  Stato  nella  disciplina  di  aree
protette contenute nella legge statale n. 394 del  6  dicembre  1991,
«Legge quadro sulle aree protette»,  da  ascriversi  alla  competenza
statale   esclusiva   in   materia    di    «tutela    dell'ambiente,
dell'ecosistema...» di cui all'art. 117, comma 2,  lettera  s)  della
Costituzione. 
    Pertanto, con il presente atto, si  impugna  la  legge  regionale
della Regione Campania n. 19/2017, affinche'  ne  sia  dichiarata  la
illegittimita' costituzionale, con  conseguente  annullamento,  sulla
base delle seguenti considerazioni in punto di 
 
                               Diritto 
 
I. Quanto all'art. 3, comma 1, della  legge  regionale  -  Violazione
dell'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione. 
    La norma in rubrica dispone: «La  Giunta  regionale,  sentiti  la
Provincia di Sondrio e l'Istituto superiore per la  protezione  e  la
ricerca ambientale (ISPRA), entro  novanta  giorni  dall'approvazione
del provvedimento  di  cui  all'art.  2,  delibera  le  modalita'  di
gestione  del  cinghiale  sull'intero  territorio   regionale   anche
mediante la definizione dei criteri per  il  calcolo  delle  densita'
obiettivo,  la  determinazione  di  modalita'   e   tempistiche   per
l'attuazione del prelievo  venatorio  e  del  controllo,  nonche'  le
modalita' per il monitoraggio dei risultati conseguiti». 
    Il  riferimento  contenuto  in  tale   disposizione   all'«intero
territorio regionale» comporta che il relativo ambito di applicazione
comprenda anche  il  territorio  delle  aree  protette,  nazionali  e
regionali. 
    Cio' trova conferma nel successivo comma 3 dello stesso  art.  3,
ai sensi del quale «per il territorio  delle  aree  protette  di  cui
all'art. 2, commi 1 e 3, della legge n. 394/1991 e di cui all'art. 1,
comma 1, lettere a) e c), della legge regionale 30 novembre 1983,  n.
86  (Piano  regionale  delle  aree  regionali  protette.  Norme   per
l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti
naturali nonche' delle  aree  di  particolare  rilevanza  naturale  e
ambientale), le densita'  obiettivo  sono  definite  d'intesa  con  i
relativi enti gestori». 
    La norma in parola, nella parte in cui si applica anche alle aree
protette nazionali, si pone  in  palese  contrasto  con  il  disposto
dell'art. 11, commi 1, 3 e 4, della legge  n.  394  del  1991,  nella
quale si e' estrinsecata -  come  gia'  riferito  in  premessa  -  la
potesta' legislativa nazionale cui e' riservata, in via esclusiva, la
materia. 
    Infatti,  mentre  il  comma  1  dell'art.  11  cit.   affida   al
regolamento del parco il compito di disciplinare  «l'esercizio  delle
attivita' consentite entro il territorio del parco», la  disposizione
che  qui  si  contesta  prevede  che  sia  la  giunta   regionale   a
disciplinare «modalita' e tempistiche per l'attuazione  del  prelievo
venatorio e del controllo, nonche' le modalita' per  il  monitoraggio
dei risultati conseguiti». 
    Ancora, il contrasto  con  le  previsioni  di  legge  statale  e'
evidenziato anche dalla considerazione dei successivi commi 3 e 4 che
dispongono - rispettivamente: il primo: «salvo  quanto  previsto  dal
comma 5, nei parchi sono vietate le attivita' e le opere che  possono
compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali
tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette  e
ai rispettivi habitat», vietando «in particolare» (...) «la  cattura,
l'uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali»; la
seconda, invece «Il regolamento  del  parco  stabilisce  altresi'  le
eventuali deroghe ai divieti di cui al comma 3». 
    La disposizione di legge regionale che qui si contesta, invece: 
        a) consente, implicitamente  ma  del  tutto  chiaramente,  la
caccia (il «prelievo venatorio»), nei territori dei Parchi nazionali,
vietata dalla norma statale sopra citata; 
        b) invade  un  ambito  che  -  come  giu'  evidenziato  -  la
normativa statale in materia di aree protette affida in via esclusiva
al regolamento del Parco. 
    I sopra richiamati motivi di contrasto con le previsioni di legge
statale si traducono, per le ragioni gia' piu' sopra evidenziate,  in
altrettante ragioni  di  illegittimita'  costituzionale  della  norma
regionale, per violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
Cost. 
    I.2) Analoghe ragioni di incostituzionalita', inoltre, affliggono
la disposizione in questione nella parte in cui si  applica  ad  aree
protette regionali, in virtu' del suo contrasto con l'art. 22,  comma
6, della legge n. 394 del 1991. 
    Tale ultima disposizione infatti, prevede: 
        a) «nei parchi naturali regionali e  nelle  riserve  naturali
regionali l'attivita' venatoria e vietata, salvo  eventuali  prelievi
faunistici  ed  abbattimenti  selettivi  necessari   per   ricomporre
squilibri ecologici»; 
        b)  «detti  prelievi  ed  abbattimenti  devono  avvenire   in
conformita' al regolamento del parco ...». 
    Da qui, dunque, un'ulteriore ragione di incostituzionalita' della
norma regionale, analoga a quella illustrata al  punto  che  precede,
anch'essa per violazione dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s)
della Costituzione. 
II. Quanto all'art. 3, comma 3 - Violazione degli articoli 117, comma
2, lettera s) e 118, commi 1 e 2 della Costituzione. 
    La norma in  rubrica  dispone:  «per  il  territorio  delle  aree
protette di cui all'art. 2, commi 1 e 3, della legge n. 394/1991 e di
cui all'art. 1, comma 1, lettere a) e c), della  legge  regionale  30
novembre 1983, n. 86  (...),  le  densita'  obiettivo  sono  definite
d'intesa con i relativi enti gestori», ponendosi cosi'  in  contrasto
con le previsioni della legge n. 394 del 1991, che affida chiaramente
agli enti parco, o comunque ai soggetti gestori delle aree  protette,
tali funzioni amministrative di tipo gestorio in attuazione dell'art.
118,  commi  1  e  2,  Cost.,  nonche'  quale  previsione  di  tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema ai  sensi  dell'art.  117,  comma  2,
lettera s), Cost. 
    In tal senso depone, inequivocabilmente, l'art. 1,  comma  3,  di
detta  legge  (ribadito  peraltro  dal  successivo   comma   4)   che
esplicitamente individua nella disciplina  dal  medesimo  dettata  lo
«speciale regime (...) di  gestione»,  cui  i  territori  delle  aree
protette sono sottoposti. 
    Tale speciale regime di gestione, in  particolare  per  i  Parchi
nazionali, e' imperniato - dal punto di vista del  soggetto  titolato
allo  svolgimento  dell'attivita'  di  gestione  -  sull'Ente  Parco,
individuato e disciplinato dall'art.  9,  e  -  dal  punto  di  vista
funzionale - sul Piano del Parco, di cui all'art. 12. 
    Ancora, nello stesso senso depone l'art. 29 della  legge  n.  394
del 1991, che affida  agli  organismi  gestori  delle  aree  protette
speciali  poteri  di  controllo  sulla  conformita'  delle  attivita'
realizzate all'interno delle medesime  rispetto  al  regolamento,  al
Piano, o al nulla osta. 
    L'art. 11, comma 4, della legge n. 394 del 1991, prevede che  gli
«eventuali  prelievi  faunistici»   e   gli   altrettanto   eventuali
«abbattimenti  selettivi»,  che  siano  «necessari   per   ricomporre
squilibri ecologici accertati dall'Ente parco», «devono avvenire  per
iniziativa  e  sotto  la  diretta  responsabilita'   e   sorveglianza
dell'Ente parco ed essere attuati dal personale dell'Ente parco o  da
persone all'uopo espressamente autorizzate dall'Ente parco stesso». 
    E' dunque evidente che la  legge  statale  affida  specificamente
agli enti Parco la funzione in questione. 
    Non puo' dunque essere la Regione a provvedere ad individuare  la
densità-obiettivo  della  specie  cinghiale,  poiche'  -  una   volta
individuata quest'ultima - la decisione di  procedere  a  prelievi  e
abbattimenti sarebbe meramente esecutiva di una decisione assunta  da
un soggetto diverso da quello competente in  base  alla  legge  dello
Stato. 
    Ad evitare l'incostituzionalita' della disciplina non basta,  del
resto, la previsione dell'intesa con  gli  enti  gestori  delle  aree
protette: il precetto statale interposto, la cui violazione  comporta
il contrasto con le norme costituzionali gia' indicate,  prevede  che
la titolarita' della funzione sia in capo a tali enti, i quali devono
peraltro poter adottare le proprie  determinazioni  senza  che  altra
amministrazione (nella specie, quella regionale) abbia un  potere  di
co-decisione. 
    La  menzionata  ragione  di  incostituzionalita'   non   riguarda
soltanto le aree protette nazionali, ma anche quelle regionali. 
    Rileva qui, ancora una volta, il gia' richiamato art.  22,  comma
6, della legge n. 394 del 1991:  anche  tale  disposizione,  infatti,
prevede  che  gli  eventuali  «prelievi  faunistici  ed  abbattimenti
selettivi  necessari  per  ricomporre  squilibri  ecologici»  debbano
avvenire  «per  iniziativa  e  sotto  la  diretta  responsabilita'  e
sorveglianza dell'organismo di gestione del  parco  e  devono  essere
attuati dal personale  da  esso  dipendente  o  da  persone  da  esso
autorizzate  scelte  con  preferenza  tra  cacciatori  residenti  nel
territorio del parco, previ opportuni  corsi  di  formazione  a  cura
dello stesso Ente». 
    Si ripropongono qui le  medesime considerazioni  riportate  sopra
con riferimento ai Parchi nazionali. 
    Per tutte le suesposte ragioni, la legge regionale  Lombardia  n.
19/2017 deve essere dichiarata incostituzionale.